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Diete e alimentazione

La tassa sulle bibite… quale senso ha?

La notizia è di pochi giorni fa: salvo ripensamenti dell’ultimo momento (il testo va approvato entro il 31 agosto) ci sarà una tassa in più sulle bibite zuccherate e alcoliche. Sento da giorni parlarne, le opinioni sono le più disparate: c’è chi si slancia contro il governo che non sa fare altro che mettere tasse e chi, d’altro canto, loda l’iniziativa per la salvaguardia della salute e della spesa pubblica inerente. Io personalmente ho una visione moderata, né da una parte né dall’altra.

A prima vista una nuova tassa, dopo tutto quello che ci fa pagare lo stato, non è il massimo dell’originalità né della popolarità, ma la giustificazione è quella di avere più fondi da destinare alla sanità, che ovviamente si occupa anche di chi esagera con l’alcol e con gli zuccheri causandosi danni importanti. Io credo che ci siano due punti di vista più uno:

  1. lo stato riceve più soldi
  2. il consumatore dovrà pagare di più per bere le stesse quantità di bibite
    1. la conseguenza dovrebbe essere un effetto inibente sul consumo
Il primo punto è inopinabile, è ovvio che tassando a monte la produzione di bibite (la tassa è per i produttori), l’introito sarà maggiore. Maggiore di quanto? La tassa sarà di 7,16 euro per ogni 100 litri di bevande zuccherate o con edulcoranti analcoliche e 50 euro ogni 100 litri di bibite alcoliche. È ovvio quindi che ogni azienda, producendo ettolitri di bibite, dovrà sborsare un bel po’ di soldi, per i quali sicuramente si rivolgerà ai consumatori per rientrare nella spesa. Ora, è ovvio quindi che i due punti espressi prima saranno confermati; piuttosto è il punto addizionale che mi lascia perplesso. 7,16 euro in più per ogni 100 litri di bibite vogliono dire un aumento di circa 11 centesimi ogni litro e mezzo di bottiglia di tè, circa 1,4 cent (centesimi, non euro) per ogni brik di succo di frutta da 200 ml. Davvero questi aumenti sono tanto alti da inibire l’acquisto? Davvero un totale di nemmeno 5 cent in più per una confezione di tre brik di succhi di frutta impedisce alle persone di comprarlo?
Per l’alcol l’aumento è di 16,5 centesimi per ogni bottiglia di birra da 33 cl, che è indipendente dalla qualità. Ovvero io compro una bottiglia che vale 1 euro e ci aggiungo 16 cent, oppure una bottiglia che vale 10 euro e ci aggiungo sempre e solo 16 cent, senza parlare del vino, che può raggiungere prezzi elevatissimi, per il quale il sovrapprezzo è di 50 cent al litro (il vino pregiato aumenterà di 50 centesimi al litro come il vino in cartone). Davvero 50 cent in più impediranno il consumo di vino? Davvero 16,5 cent in più impediranno il consumo di birra?
 Le conclusioni sono che lo stato non decide quello che dobbiamo bere e non influenza più di tanto le nostre scelte a riguardo, né in positivo né in negativo; prende soldi dai produttori di bibite che nelle intenzioni dovrebbero essere usati per la sanità; perde una buona occasione per educare le persone a consumare alimenti sani ad esempio detassandoli in toto, quindi rendendoli più appetibili. Se la mossa del governo è quella di avere più soldi posso anche starci, ma non mi vengano a dire che queste tasse disincentivano il consumo di bevande non salutari perché, con questi aumenti, non posso crederci. Vedremo cosa succederà il 31 agosto.

Aggiornamento del 5 settembre 2012: pare che la parte delle bibite zuccherate sarà eliminata dal decreto. Nulla di fatto.

Brescia, 30 agosto 2012
Dott. Giuliano Parpaglioni, biologo nutrizionista, Brescia, Leno e Toscolano Maderno

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