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Diete e alimentazione

Gli oli più comuni

Tra i grassi alimentari che più comunemente vengono assunti c’è l’olio. Si usa in modi diversi sia come ingrediente per alimenti complessi (torte, focacce, pizze…) sia come condimento (nelle insalate, nei secondi…) o anche come agente di cottura (nei soffritti e nei fritti). Di oli ce ne sono di diversi tipi e qualità, è importante poter scegliere a ragion veduta l’olio giusto perché alcune scelte possono risultare meno salutari rispetto ad altre. Questo post vuole essere una veloce guida all’acquisto, niente di esaustivo ovviamente, ma un semplice punto di riferimento per saperne un po’ di più.

L’olio d’oliva è forse in assoluto il più conosciuto e utilizzato, tra i suoi benefici si possono ricordare la quantità di molecole attive in grado di regolarizzare il colesterolo nel sangue e la presenza di antiossidanti aiuta a contrastare i radicali liberi. E’ inoltre molto resistente alla cottura, tanto da farne l’olio di prima scelta per i fritti. C’è però da distinguere l’olio extravergine d’oliva e l’olio d’oliva: il primo è il risultato della spremitura a freddo delle olive, è l’olio più puro che si possa avere; il secondo è invece ricavato dal mix di extravergine e olio lampante raffinato, ovvero dall’olio di seconda scelta, con un’acidità troppo elevata per essere commestibile se non trattato e mescolato con l’extravergine. Meglio quindi affidarsi all’extravergine, qualitativamente è la migliore scelta.

L’olio di semi è comunissimo e si usa soprattutto per le fritture in miscele preconfezionate (fate caso all’etichetta quando comprate “l’olio per friggere”) anche se personalmente preferisco l’olio d’oliva anche per le fritture. Può essere ricavato da diversi semi oleaginosi (girasole, sesamo, lino…) o dal mais (che è un cereale), che è accomunato ai vari oli di semi per le proprietà nutrizionali. In linea del tutto generale questi oli sono ricchi di acidi grassi polinsaturi che non riescono ad avere un effetto marcato come l’olio d’oliva sul colesterolo ematico, ma sono comunque una buona scelta per quanto riguarda i processi di cottura, visto che alcuni di loro hanno una notevole resistenza al calore e a seconda del seme da cui sono ricavati possono apportare minerali e antiossidanti. In tutto questo fa eccezione l’olio di semi di lino: è un’ottima fonte di acidi grassi omega-3, quindi capace di modulare il colesterolo e attivo per diminuire le infiammazioni, ma è estremamente termolabile, va comprato solo se il produttore rispetta la catena del freddo nel trasporto, il negoziante lo tiene in frigo, va tenuto in frigo dopo l’acquisto e se non consumato entro 30 giorni dall’apertura va gettato.

L’olio di cocco e l’olio di palma sono invece sconsigliati: sono ricchi di acidi grassi saturi (tanto che al di sotto dei 20 gradi solidificano e diventano simili a burro), il profilo lipidico del sangue non migliora e anzi potrebbe peggiorare con il loro utilizzo. La maggior parte delle volte sono utilizzati a livello industriale per biscotti e merendine (anche qui, fate caso all’etichetta: se si dice “oli di origine vegetale” ma non si specifica da quale vegetale sia originario l’olio usato, è quasi certo che si tratti di cocco o palma, qualità assolutamente scadente).

Brescia, 12 febbraio 2011
Dott. Giuliano Parpaglioni, biologo nutrizionista, Brescia, Leno e Toscolano Maderno

2 Comments

  • Grezzo ha detto:

    Sarò sincero, non conoscevo questa distinzione qalitativa tra olio d'oliva normale e extravergine. Avrei però due domandine, la frittura (ad esempio patatine, carne, ma anche melanzane) perchè è sconsigliata dai medici? Se il problema è l'eccessiva quantità di olio non è sufficiente colarlo per bene con carta assorbente? Oppure durante la frittura entrano in gioco altre cose? E poi una domanda da un miliardo di dollari, come è giudicata dai nutrizionisti la patata? Perché io ne sono ghiotto.

    Riguardo l'olio di palma, ho visto che lo usano anche in fast food. A pensarci ora, mi vengono i brividi nel vedere quanti bambini sovrappeso continuano a mangiarci

  • La frittura è sconsigliata per due motivi: la quantità di grassi che porta con sé (la cottura facilita l'assorbimento dell'olio, ovviamente) e la possibilità di produzione di scorie tossiche e cancerogene, soprattutto se si utilizza lo stesso olio per più fritture. Però c'è un aspetto positivo: una dieta totalmente priva di fritti, in certe occasioni, potrebbe essere meno salutare di una con un fritto ogni 1-2 settimane: il colesterolo ematico è regolato dal fegato e quello alimentare cambia gli equilibri molto poco, si è visto che in generale qualche pasto al mese (pochi!) ricco di grassi impedisce al fegato di considerare "carestia" la auspicata carenza di colesterolo, soprattutto quello cattivo, e di aumentarne di conseguenza la produzione.

    Quindi più che evitare i fritti, io direi (come al solito) limitare 🙂

    Per quanto riguarda le patate il discorso è complicato: sono una via di mezzo, nutrizionalmente, tra tutti gli altri alimenti: meno vitamine e minerali delle verdure ma più della carne, è ricca di carboidrati (meno del pane) e povera di proteine (come la pasta raffinata) ma queste sono di buona qualità (non a livello della carne, ma sicuramente meglio di molti ortaggi). Visto questo, direi che è un alimento interessante, ma non ci baserei sopra una dieta. Sicuramente è una buona e gustosa fonte di carboidrati povera di grassi 🙂

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