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Diete e alimentazione

Beta-glucani: un utile aiuto contro il colesterolo alto

L’ipercolesterolemia, ovvero l’eccesso di colesterolo nel sangue, è una condizione abbastanza comune: un sondaggio del 2009 che comprese uomini e donne dai 19 ai 69 anni rilevò che il 24% dei soggetti intervistati aveva avuto diagnosi medica di questo disturbo. Molte persone però non sanno effettivamente cosa sia e cosa comporti questa condizione, l’obiettivo di questo post è quindi quello di spiegarlo, in parole semplici, e di offrire un suggerimento su come poter agire per migliorare la situazione.

Cos’è il colesterolo ematico?

Una molecola di colesterolo

Dobbiamo prima di tutto cercare di distinguere il colesterolo ematico dal grasso vero e proprio. Il colesterolo come grasso è un componente essenziale di molte strutture cellulari del nostro corpo, è la molecola da cui derivano molti ormoni, è fondamentale per la produzione di bile e soprattutto non è quello che viene misurato dalle analisi del sangue, ovvero il colesterolo ematico.

Una lipoproteina

Ho già parlato anni fa del colesterolo HDL e del colesterolo LDL, in ogni caso riprendo qui il discorso in modo da facilitare la spiegazione.
I grassi sono composti non solubili in acqua: una goccia d’olio in un bicchiere galleggia e non si scioglie come farebbero altri liquidi. Nel plasma sanguigno quindi non possono circolare liberamente, ma sono legati ad alcune proteine di trasporto: in questo caso si parla di lipoproteine. Queste lipoproteine sono composte da proteine unite a vari tipi di grasso: colesterolo, trigliceridi, acidi grassi liberi e fosfolipidi sono tutti componenti di queste strutture, la percentuale dei vari tipi di grasso determina il tipo di lipoproteina (ne esistono 5 tipi principali). La formazione e la biochimica di queste lipoproteine è piuttosto complicata, come la volta scorsa cerco di semplificare e parlo solo delle due che ci interessano di più: le lipoproteine LDL e le lipoproteine HDL. Le due sigle sono indicative della loro densità: le prime, le LDL, sono a bassa densità (low density lipoprotein), le seconde invece, le HDL, sono più dense (high density lipoprotein). La cosa interessante di queste due lipoproteine però non è tanto la loro definizione, quanto la loro funzione. Le LDL contengono più molecole di colesterolo e trigliceridi di quante ne contengano le HDL, sono formate dal fegato e hanno il compito di portare alla periferia le molecole di grasso, nei tessuti che ne hanno bisogno. Quando sono in eccesso, le LDL depositano il loro carico di grasso all’interno dei tessuti che compongono i vasi sanguigni, causando un accumulo di materiale che, nella peggiore delle ipotesi, può arrivare a ostruire la circolazione: è l’ateroma; ecco perché sono chiamate colesterolo cattivo. Le HDL al contrario hanno il compito inverso: arrivano alla periferia più scariche di grassi (tra cui colesterolo) e hanno il compito di raccoglierli per riportarli al fegato, quindi l’effetto finale è di pulire i vasi sanguigni; ecco perché sono chiamate colesterolo buono.

Fondamentalmente, quindi, il colesterolo è un grasso che fa parte della composizione delle lipoproteine, e sono queste ultime che vengono esaminate nelle analisi del sangue. Quando le LDL sono basse e le HDL sono alte, la situazione è buona.

Beta-glucani: regolatori del colesterolo

Un generico beta-glucano


I beta-glucani (o anche β-glucani) sono una nelle molte molecole che compongono le fibre. In particolare, in questo caso si parla di fibre solubili. Chimicamente sono degli zuccheri, non sono digeriti e per questo non vengono utilizzati dal nostro organismo a fini energetici, ma hanno comunque molti effetti, uno dei più famosi è quello di aiutare a controllare la quantità di colesterolo cattivo. Il meccanismo si deve ricercare in una caratteristica particolare di questa fibra: la viscosità. Uno studio del 2007 mostra come i beta-glucani siano in grado di aumentare la produzione di bile del fegato grazie alla loro capacità di legare i componenti della stessa: gli acidi biliari. La bile ha un compito preciso: legare il grasso alimentare nell’intestino in modo tale da facilitarne l’assimilazione e il conseguente trasporto all’interno del flusso sanguigno attraverso le pareti intestinali.

I beta-glucani sono molto efficienti e, a differenza delle altre fibre solubili, ne basta una quantità relativamente bassa per funzionare: succede che legando gli acidi biliari, questi non riescano più a fare il loro lavoro di aiuto nell’assimilazione dei grassi, quindi il fegato reagisce producendone di più. Come tutti i tessuti, anche il fegato ha vene, arterie e capillari che servono a nutrirlo, così anche il fegato può avere necessità di ricevere grassi dalle LDL come le altre parti del corpo. Nel momento in cui la bile scarseggia o non funziona bene, il fegato richiede l’aiuto delle LDL per avere gli ingredienti per formarne altra. Ecco quindi che i beta-glucani causano un abbassamento delle LDL circolanti.

Altro effetto importante è quello della fermentazione. I batteri intestinali che vengono a contatto con i beta-glucani possono usarli come alimenti, attuando una reazione fermentativa che produce molecole di scarto: acidi grassi a catena corta (short-chain fatty acids, SCFA). Questi acidi grassi sono capaci di inibire la sintesi di colesterolo, quindi di nuovo il fegato si trova nella condizione di dover chiedere aiuto alle LDL per averne abbastanza per fare il suo lavoro: produrre bile.

Quanti beta-glucani servono e dove si trovano?

L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (European Food Safety Authority, EFSA) ha accettato le diciture tipo “aiuta ad abbassare i livelli di colesterolo” per alcuni prodotti contenenti beta-glucani, ma suggerisce di consumarne almeno 3 g al giorno per avere effetti rilevanti.
La fonte più famosa di queste fibre è l’avena, ma anche l’orzo ne contiene in quantità non trascurabili. Inoltre in commercio esistono prodotti addizionati di beta-glucani, ma spesso il contenuto non è sufficiente per essere rilevante: mangiare un biscotto che ne contiene 0,3 g è decisamente inutile, se ne dovrebbero mangiare 10, ma a quel punto diventano molto rilevanti anche gli altri ingredienti del biscotto, che potrebbero avere invece effetti contrari (eccesso di grassi e zuccheri aumentano il colesterolo LDL). Meglio avere una dieta varia e in aggiunta agli alimenti addizionati mangiare spesso orzo e avena. Altre fonti di beta-glucani come segale, frumento integrale e funghi non hanno lo stesso effetto ipocolesterolemizzante, probabilmente perché la forma chimica dei beta-glucani è diversa e risulta essere in una forma insolubile, che ne cambia le proprietà.

Brescia, 14 luglio 2015
Dott. Giuliano Parpaglioni, biologo nutrizionista, Brescia, Leno e Toscolano Maderno

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