Riporto qui un mio vecchio post introduttivo sull'alimentazione vegetariana. Questo post compare per la prima volta su
Dillinger, l'amico Yari Davoglio ha inserito alcuni suoi commenti (in rosso) al mio testo, ai quali io ho risposto nei commenti da lui, trasformando l'articolo in un dialogo a quattro mani. Qui, per rendere il tutto più leggibile metterò le mie risposte (in blu) di seguito a quelle di Yari. Buona lettura.
E’ posizione dell’American Dietetic Association che le diete vegetariane correttamente pianificate, comprese le diete totalmente vegetariane o vegane, sono salutari, adeguate dal punto di vista nutrizionale, e possono conferire benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie. Le diete vegetariane ben pianificate sono appropriate per individui in tutti gli stadi del ciclo vitale, ivi inclusi gravidanza, allattamento, prima e seconda infanzia e adolescenza, e per gli atleti.
(J Am Diet Assoc. 2009; 109: 1266-1282)
Le righe precedenti sono la posizione ufficiale dell’American Dietetic Association, che assicura chiunque voglia intraprendere la strada del vegetarismo che bilanciando correttamente l’alimentazione è possibile vivere senza rischi per la salute. In ogni caso, già scrivendo queste poche righe sorgono alcuni dubbi: perché qualcuno dovrebbe voler diventare vegetariano? La società moderna offre una varietà smisurata di cibi animali, tanto che ormai trovare carne che costi meno della verdura non ci sorprende più, inoltre i cibi animali sono connessi a numerosi eventi sociali (grigliate con gli amici, capodanno con lenticchie e zampone, il semplice pane e prosciutto per un pranzo veloce in ufficio…). Come se non bastasse, la maggior parte dei medici e dei dietologi dà per scontata la presenza di cibi animali nelle diete: latte scremato, carne magra, pesce, yogurt e via discorrendo sono praticamente onnipresenti nelle diete fatte dai professionisti, quindi sono comunque ingredienti salutari nell’alimentazione delle persone. Perché quindi voler diventare vegetariano, o addirittura vegano (ovvero una persona che non mangia nemmeno latte, latticini, uova, miele…)? Le risposte possono essere molteplici: la maggior parte delle persone diventa vegetariana per una questione etica: l’industria moderna non riuscirebbe a sostenere i ritmi imposti dal consumo se non usasse gli allevamenti intensivi, che sono ambienti assolutamente incompatibili con il concetto di “rispetto per l’animale”; una parte delle persone lo fa per motivi salutistici, che approfondiremo più avanti; infine, una minima parte lo fa per motivi socioeconomici, una dieta vegan è sicuramente molto più sostenibile di una dieta onnivora, rispetta l’economia dei paesi in via di sviluppo e le risorse del pianeta.
La seconda domanda che ci può sorgere è: cosa vuol dire dieta vegetariana ben pianificata? Molto semplicemente, è una dieta varia ed equilibrata, che sia completa dal punto di vista nutrizionale (ovvero che contenga grassi, proteine e carboidrati nelle giuste quantità e che non sia carente di vitamine e minerali): la grande varietà che è comunque presente nelle scelte di un vegetariano permette di pianificare la dieta al meglio sena rischi. La maggior parte delle persone onnivore non ha idea di cosa si nutra un vegetariano, spesso si sentono commenti tipo “ma mangi solo insalate?” Eppure la pasta al pomodoro la mangia chiunque, così come la pasta col pesto, le patate al forno, l’insalata di riso, le zucchine grigliate… L’importante è assicurare il giusto apporto calorico e nutrizionale, e questo è un obbiettivo perfettamente raggiungibile.
LE PROTEINE
La prima obiezione che spesso viene fatta ad un vegetariano riguarda le proteine: è opinione comune che pasta e pane forniscano i carboidrati mentre servano carne e latte per le proteine. In realtà, una dieta vegetariana (anche vegana) assicura un apporto proteico sufficiente per una vita in buona salute: i legumi sono la principale fonte proteica vegetale, ma non sono i soli: dalle tabelle nutrizionali si vede come le verdure siano apparentemente molto povere di proteine (il cavolfiore presenta poco più di 3 grammi di proteine ogni 100 grammi di alimento, contro i 20 del lombo di maiale – fonte: http://www.my-personaltrainer.it/tabelle-nutrizionali.htm), ma il nostro organismo non ha bisogno di grammi di alimenti, ma di calorie; se non si fa il raffronto con 100 grammi di alimento ma con 100 kcal che l’alimento apporta ci si accorge che può capitare che una verdura sia più ricca di proteine rispetto ad un pezzo di carne (per l’esempio di prima: il cavolfiore apporta il 51% delle sue calorie sotto forma di proteine, il lombo di maiale ne apporta il 48% – fonte: VegPyramid, Baroni L, ed. Sonda, pag. 33).
Il problema, qui, è che per raggiungere il giusto apporto di kcal bisognerebbe mangiare, a testa, molti chili di vegetali ogni giorno. Riferendomi al tuo esempio, 100 grammi di cavolfiore mi danno 40 kcal, mentre 100 grammi di lombo di maiale me ne danno 150: a parità di peso, assumo quasi quattro volte kcal di più con la carne.
E ti pare una brutta cosa? Pensa, mangi a volontà, ti riempi lo stomaco e non hai più problemi di contare i grammi di alimenti. Mi sembra una manna dal cielo…

C’è anche da considerare la qualità delle proteine: le proteine animali sono complete, apportano cioè tutti gli aminoacidi essenziali nelle giuste quantità, mentre spesso nelle proteine vegetali questa condizione non c’è, almeno non nello stesso vegetale. Però basta fare delle combinazioni di vegetali diversi per avere uno spettro completo, il classico piatto di pasta e fagioli o di riso con i piselli dà modo di combinare le proteine dei cereali (carenti in lisina ma ricche di metionina) con quelle dei legumi (carenti in metionina ma ricche in lisina), e non è la sola combinazione possibile. Inoltre non c’è nemmeno bisogno di combinarli nello stesso piatto, basta mangiare in modo vario nella giornata e nella settimana. Infine, gli alimenti conosciuti come “pseudocereali” (come il grano saraceno e la quinoa) e gli spinaci hanno una qualità proteica del tutto rapportabile a quella della carne.
I CARBOIDRATI
Per quanto riguarda i carboidrati, la carne, il pesce e le uova ne apportano in quantità trascurabili; gli alimenti animali che ne apportano di più sono il latte, alcuni formaggi e latticini e soprattutto il miele. Questi zuccheri sono zuccheri semplici, facilmente assimilabili e che causano picchi glicemici nel sangue, con conseguente rilascio di insulina (ormone che comanda tra le altre cose l’accumulo di grassi); inoltre lo zucchero del latte è il lattosio, che per la maggior parte della popolazione mondiale è indigesto (come per tutti i mammiferi dopo lo svezzamento), condizione comune anche in molte persone occidentali, popolazione per cui il consumo di latte è frequente. Nei cibi di origine vegetale abbiamo l’apporto di amido e di fibra, due tipi di carboidrati complessi che hanno due proprietà diverse: l’amido è assimilabile ma è più lento degli zuccheri semplici e apporta un picco glicemico più basso, con conseguente rilascio di meno insulina, la fibra non è digeribile e combatte la stipsi (patologia praticamente assente nei vegetariani). Questi due elementi sono presenti praticamente in tutti gli alimenti vegetali, seppur in quantità diverse.
I GRASSI
Ma è nei grassi che l’alimentazione vegetariana è nettamente migliore a quella onnivora: i grassi di origine animale sono soprattutto grassi saturi, che se presi in eccesso possono essere dannosi per la salute (sono la principale causa di problemi cardiocircolatori), mentre nei vegetali troviamo grassi mono e polinsaturi e la praticamente totale assenza del colesterolo, questo è un grande vantaggio per le arterie.
Va detto, però, che un alimento grasso contiene tutti e tre i tipi di lipidi (saturi, monoinsaturi e polinsaturi). Circa l’80 % dei grassi dell’olio di cocco (origine vegetale, quindi) sono saturi. Il salmone contiene, di contro, circa il 70 % di grassi insaturi.
Verissimo, in effetti io non consiglierei mai olio di cocco o di palma, prima di tutto d’oliva, poi lino. Sull’olio di semi vari tralascio, quello che si prende con quegli oli si prende con tanti altri prodotti vegetali, direi che si possono escludere
Molte persone poi ritengono che la fonte migliore per gli acidi grassi omega3 sia il pesce, ma questo non è vero: le sardine fresche sono il pesce che contiene più omega3 in assoluto, la cui quantità è di circa 4 g per ogni 100 g di alimento (somma di EPA e DHA – fonte: http://www.sapermangiare.mobi/tabelle_alimenti.html) e l’olio di salmone è un concentrato di grassi del pesce che ne contiene 35 circa, ma entrambi impallidiscono al confronto dell’olio di semi di lino, che ne contiene 53 (fonte – http://www.my-personaltrainer.it/nutrizione/olio-lino.html). Inoltre è bene ricordare che i grassi omega3 sono estremamente labili e una cottura del pesce rende praticamente impossibile l’assunzione di questo importante nutriente.
L’olio di lino contiene acido linolenico che deve essere trasformato dal nostro organismo in EPA o DHA, mentre mangiando pesce assumiamo direttamente EPA e DHA. Inoltre, se il fabbisogno di acido linolenico è di circa 2,20 g/die, potremmo cibarci di 70 grammi di lardo, ad esempio. Per di più mi pare che l’olio di lino dev’essere trattato, trasportato e conservato con estrema cura.
hai presente la quantità di grassi saturi e di colesterolo del lardo? Io non farei una scelta del genere… In ogni caso sì, l’olio di lino va curato con particolare attenzione. Un’alternativa sono tre cucchiaini di semi di lino al giorno [ne parlerò in futuro]
VITAMINE e MINERALI
Altri due fattori importanti per la nutrizione sono le vitamine e i minerali. Per quanto riguarda i minerali, ancora il regno vegetale sorprende per la sua versatilità e ricchezza: il ferro contenuto nei fagioli borlotti è doppio rispetto a quello contenuto nella carne di cavallo (fonte: http://www.sapermangiare.mobi/tabelle_alimenti.html)
Bisognerebbe però mangiare i fagioli borlotti crudi (dai 3 ai 9 mg), affinché la quantità di ferro contenuta in essi non venga dimezzata: cotti contengono circa 2 mg, mentre una bistecca di cavallo 4 (proporzioni sempre relative a 100 g di prodotto).
Giusto, ma variando cibi e mangiando semi e frutta secca comunque non ci dovrebbero essere problemi di questo tipo. Considerando che poi anche molte verdure contengono discrete quantità di ferro, direi che il rischio carenza, se la dieta è bilanciata, praticamente non c’è
e per essere assimilato adeguatamente, basta il piccolo accorgimento di aggiungere al piatto della vitamina C (succo di limone come condimento, succo d’arancia ai pasti, peperoni, frutti…), il calcio viene dalle mandorle, dall’acqua minerale e dai condimenti (come la salvia), che sono una fonte migliore rispetto ai latticini, non tanto per la quantità contenuta (il grana è l’alimento che ne contiene di più in assoluto) quanto per gli effetti collaterali: un’alimentazione ricca di latticini porta nel tempo a perdere calcio dalle ossa, con un bilancio netto di calcio molto basso e spesso, viste le assunzioni carenti di molti onnivori, negativo (il fabbisogno di un vegano di calcio è di almeno 600 mg/die,
Addirittura meno di quello di un bambino?
Un bambino in proporzione al peso mangia comunque di più rispetto ad un adulto, ma a parte questo, andando a vedere i LARN dell’Istituto Nazionale di Ricerca sull’Alimentazione e Nutrizione si va sempre a guardare un’alimentazione onnivora. Ovvio che un bambino abbia bisogno di cure particolari e personalmente un bambino vegano, ammesso che accettassi il caso, lo vorrei controllare almeno una volta ogni due settimane, ma credo che il fabbisogno, anche lì, sia un po’ più basso (per il discorso delle perdite più basse). Infine, c’è da considerare che i dati delle tabelle non parlano mai di quello che serve “in meda” per star bene, ma di quello che serve alla stragrande maggioranza delle persone, quindi 1200 mg di calcio fanno sicuramente bene al 95% della popolazione, anche chi ha condizioni particolari. Un sano probabilmente ha bisogno di meno. [Aggiungo: un lattante di 6-12 mesi ha bisogno di 500-600 mg di calcio al giorno almeno, bambini più grandi 800, un adolescente può richiederne fino a 1200, e si parla sempre e comunque di dieta onnivora. I 600 mg di calcio per un vegano sono da considerare come quantità minima di sicurezza. Personalmente cercherei sempre di superare tale soglia, cosa possibile e auspicabile]
mentre per un onnivoro può superare i 1200 mg/die). Lo iodio viene dal sale iodato e dalle alghe (ce ne sono di ricchissime di iodio, al punto che per alcuni tipi non è bene mangiarne più di uno o due grammi a settimana), lo zinco dalla frutta secca e dai semi oleaginosi (zucca, girasole…). La soia poi è un legume particolarmente ricco di minerali (calcio, fosforo, potassio), ma attenzione a non confonderla con la soia verde, in realtà fagioli (fagiolo mungo) da cui si ricava il “germoglio di soia”, comunque ricco di minerali ma non quanto la soia gialla (che ha anche altre qualità benefiche).
Le vitamine ovviamente vengono dal regno vegetale, e tutti sappiamo fin da piccoli che mangiare frutta e verdura apporta vitamine, ma ce n’è una che per un vegano potrebbe essere un problema: la vitamina B12 non esiste nel regno vegetale: i nostri antenati (prima dell’Homo sapiens) erano raccoglitori e assumevano la B12 tramite la “sporcizia” che c’era sulle piante, come il terriccio e gli insetti, ora che la nostra igiene è molto migliorata, il vegano deve fare attenzione a questa vitamina e controllarla ogni tanto. Esistono molti cibi addizionati con B12 (cereali da colazione, latte di soia o di mandorla, prodotti specifici per vegani…) ma se non si riesce a raggiungere il fabbisogno giornaliero, che è di 2 microgrammi, allora si devono necessariamente assumere integratori di B12 in caso le analisi del sangue mostrino carenza. Ovviamente, un latto-ovo vegetariano non ha questi problemi: assume la B12 nel latte e nei latticini.
In conclusione, si può affermare che una dieta vegetariana ben bilanciata sia salutare, anzi forse più salutare di una onnivora (carenze di calcio, grassi saturi e comunque prodotti della carne che non fanno bene all’intestino), e che anche per un onnivoro sia consigliabile aumentare l’introito di prodotti vegetali rispetto a quelli animali, limitandoli quanto più possibile.
Sono sostanzialmente d’accordo con le conclusioni: aumentare il consumo di determinati vegetali e diminuire quello delle carni. Ci sarebbero però da toccare temi etici ed economici (per non parlare dei sapori e dei gusti) per capire che non è possibile (a livello sociale e non del singolo) abbandonare una dieta onnivora a favore di una dieta vegetariana.
Sono d’accordo: non è possibile per l’intera popolazione mondiale diventare vegetariana. Ma se invece di essere in fortissima minoranza la percentuale di vegetariani/vegani fosse anche solo il 50% della popolazione mondiale, economia e condizioni sociali migliorerebbero sensibilmente
Brescia, 14/10/2010